Fattacci by Cerami Vincenzo

Fattacci by Cerami Vincenzo

autore:Cerami, Vincenzo [Cerami, Vincenzo]
La lingua: eng
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Il boia di Albenga

Con voce calma, misurata, lievemente immalinconita dalla nostalgia, Mario, quarantotto anni, racconta ai giudici, in qualità di testimone, il suo amore infelice. Mario è nato a Pola. È già in pensione. Lavorava all’Ufficio imposte di consumo del Comune di Roma. Porta sul naso un paio di occhiali dalla montatura scura e pesante; il mento è quasi invisibile, scivola subito per nascondersi sotto le labbra; un abito grigio da persona ordinata e metodica gli stringe un po’ le spalle rinforzando la sua aria piuttosto dimessa.

Sposò Carla Gruber nel 1959, anche lei era una profuga, che alloggiava insieme con tanti altri rifugiati jugoslavi al Villaggio Giuliano dell’Eur, non lontano dalla Cecchignola. È lì che i due fecero conoscenza. Lei era dalmata, aveva ventun anni. Dal matrimonio, tranquillo e ordinato, nacquero tre figlie.

Tutto filò liscio fino a quando Luciano Luberti, il boia di Albenga, non mise piede nella loro casa.

«Lei» chiede il presidente della Corte «conferma gli interrogatori resi in istruttoria?»

A questo punto la voce del testimone si rompe, lo sguardo s’incupisce. Forse gli tornano d’improvviso alla memoria i terribili mesi passati in una casa di salute dove è stato sottoposto addirittura a elettroshock. Dopo un attimo di esitazione risponde:

«Li confermo. Quando nel 1964 scoprii che mia moglie se l’intendeva con Luberti persi il lume della ragione, tanto che fui ricoverato alla clinica Bellosguardo da dove fui dimesso dopo tre mesi. Durante il ricovero mia moglie venne a trovarmi una sola volta per farsi fare la delega a ritirare il mio stipendio».

Sulla famiglia di Mario, dopo mesi di equilibri precari cadde infine la mannaia. Indifferenza e fastidio s’erano impossessati della donna che fino all’incontro con il diavolo era stata una moglie inappuntabile e una madre premurosa. Lui, durante tutta la lunga e tragica vicenda, aveva più volte affermato di essere stato il primo uomo di Carla, una ragazza pura e castigata, onesta e generosa.

Come mai, da un giorno all’altro, si era trasformata in quel modo, fino al punto di andare a trovare il marito in clinica solo per farsi firmare la delega necessaria alla riscossione dello stipendio?

Al giudice gli idilli del passato della famiglia interessano relativamente. Vuole conoscere i fatti e non i labili, bugiardi moti dell’anima dei due ex innamorati. Chiede al testimone:

«Cosa avvenne dopo la sua uscita dall’ospedale?».

«Constatai» risponde a fatica l’uomo «che Carla aveva abbandonato il tetto coniugale e si era portata via le tre creature. Seppi anche che la moglie di Luberti, scoperta la tresca, aveva lasciato a sua volta il marito, portandosi via le figlie. In seguito seppi anche che i due erano andati ad abitare in un appartamento di Ostia. Naturalmente denunciai Carla per abbandono del tetto coniugale.»

Luberti, grosso, una barba folta che scende giù a cascata fin quasi alla cinta, gli occhi serpigni, seduto dietro la sbarra, ha un impercettibile ghigno.

Il Presidente coglie quell’espressione e pone a Mario un’altra domanda.

«Luberti asserisce che due dei tre figli sarebbero stati concepiti da lui.»

«Lo escludo!» replica subito, indignato, il teste. «Lo escludo nel modo più assoluto!



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